nutrirsi consapevolmente per evitare carenze
In realtà la vitamina D è nota come vitamina del sole, in quanto viene prodotta dall’organismo stesso quando la pelle è esposta alle radiazioni solari, più precisamente ai raggi UVB. Tuttavia, nei bui mesi invernali alle nostre latitudini può facilmente verificarsi una carenza: in Svizzera circa il 60% della popolazione ha un deficit. La vitamina D svolge un ruolo fondamentale per la salute delle ossa, dei muscoli e del sistema immunitario. Un’alimentazione consapevole può contribuire a mantenere o migliorare i livelli di vitamina D. Scoprite quali alimenti sono particolarmente ricchi di vitamina D, a cosa prestare attenzione e come contrastare in modo mirato un apporto deficitario.

è mai possibile?
La principale fonte di vitamina D è costituita normalmente dalla produzione endogena dell’organismo, che viene stimolata dalla radiazione UVB incidente sulla pelle. Tuttavia, se questa non è sufficiente, entra in gioco l’alimentazione. Esistono pochi cibi che contengono quantità significative di vitamina D, eppure alcuni alimenti possono aiutare a contrastare un apporto insufficiente. Nel complesso l’alimentazione contribuisce per il 10-20% al mantenimento del livello di vitamina D.
Gli alimenti più ricchi di vitamina D
Il pesce ad alto contenuto di grassi è una delle migliori fonti naturali di vitamina D. Ad esempio l’aringa contiene 25 µg, il salmone 16 µg, lo sgombro 4 µg e le sardine 4,8 µg di vitamina D per 100 grammi. Per di più in questi pesci sono presenti i preziosi acidi grassi omega-3, altrettanto noti per i loro effetti positivi sulla salute.
Il fegato è una fonte di vitamina D spesso sottovalutata. Quello di manzo ha circa 1,7 µg di vitamina D su 100 grammi ed è anche ricco di vitamina A, ferro e altri nutrienti. Tuttavia non si dovrebbe esagerare con il suo consumo, proprio per l’alto contenuto di vitamina A.
Il tuorlo d’uovo fa la differenza: l’uovo di gallina intero, ma in particolare il tuorlo, contiene vitamina D. Un uovo racchiude in media da 1,5 a 2 µg di vitamina D.
I funghi sono una buona fonte vegetale di vitamina D per tutti coloro che preferiscono rinunciare agli alimenti di origine animale. I finferli ne contengono circa 2,1 µg, i prataioli 1,9 µg e i porcini circa 3,1 µg per 100 grammi. A differenza delle fonti animali, si tratta però di vitamina D2, non di vitamina D3, per cui la biodisponibilità è leggermente inferiore.
La vitamina D è presente in piccole quantità anche nei prodotti lattiero-caseari, ad esempio nel burro (1,2 µg per 100 grammi) o nei formaggi ad alto contenuto di grassi come il Gouda.
Gli alimenti arricchiti con vitamina D costituiscono un’alternativa moderna. Di uso comune sono i cereali per la colazione o i vari tipi di latte vegetale a cui viene aggiunta la vitamina. Questi prodotti possono rappresentare una fonte complementare, se si consumano scarse quantità di pesce, frattaglie o uova.
Di quanta vitamina D ha bisogno l’essere umano?
L’apporto giornaliero raccomandato di vitamina D varia in base all’età, allo stile di vita e ai fattori individuali. Se la produzione endogena dell’organismo non è sufficiente, la Società Svizzera di Nutrizione (SSN) raccomanda per gli adulti in buona salute un apporto giornaliero di 600-800 UI (unità internazionali), corrispondenti a 15-20 µg. La dose non deve essere necessariamente assunta ogni giorno: è anche possibile assumere preparati con 24’000-25’000 UI ogni 4-6 settimane. In caso di carenza, alcuni gruppi di persone dovrebbero considerare più attentamente di altri l’assunzione di vitamina D attraverso gli alimenti o gli integratori. Si tratta delle persone con ridotta esposizione al sole, ad esempio perché lavorano in ufficio o non possono uscire all’aperto regolarmente a causa di limitazioni fisiche. Con il passare degli anni la pelle delle persone anziane produce sempre meno vitamina D, motivo per cui in questa fascia di popolazione la carenza è più frequente. Anche le persone con pelle scura generano meno vitamina D al sole, in quanto la presenza di melanina nella pelle ne riduce la sintesi. Nel gruppo a rischio rientrano anche le donne in gravidanza e in allattamento nonché i neonati e i bambini piccoli. A rendere più difficile l’assorbimento della vitamina D aumentandone il fabbisogno contribuiscono anche le malattie infiammatorie intestinali o l’assunzione di determinati medicamenti.
Come trovare l’equilibrio
Chi integra alcune semplici misure nel proprio stile di vita riesce a mantenere in ordine i livelli di vitamina D. La fonte più efficace è, e rimane, la luce solare: 15-25 minuti di radiazione solare diretta sulla pelle scoperta sono l’ideale. Perché allora non inserire nella routine quotidiana una passeggiata durante la pausa pranzo? Anche se il fabbisogno non può essere soddisfatto con la sola dieta, ci sono alimenti che danno un buon contributo. Per integrare la vitamina D attraverso l’alimentazione, si dovrebbe inserire nel menù settimanale del pesce ad alto contenuto di grassi due o tre volte a settimana. Soprattutto in inverno i piatti migliorano il proprio valore nutrizionale con contorni a base di funghi e uova. Se nonostante tutto continua a permanere una carenza, è necessario un accertamento medico. Attraverso un semplice esame del sangue è infatti possibile diagnosticare l’eventuale presenza di una carenza e stabilirne l’entità. In tal caso potrà essere utile un’adeguata supplementazione.
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